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Confini


Ragione e non-ragione sono entrambe dei modi di conoscenza. La follia è un modo di conoscere, un’altra maniera di esplorazione empirica sia del mondo “interiore” che di quello “esterno”. (D. Cooper, 1979)

Quali sono i confini tra normalità e follia? Qual l’atteggiamento con cui affrontiamo la diversità di una persona che, inutile negarlo, appare distante da quello che comunemente viene definita normalità.

Eppure, anche nell’ammettere l’esistenza di tali confini, netti e ben determinati, arriva il momento in cui queste linee sbiadiscono, fino a confondersi con il bianco del foglio: potrebbero essere questi i momenti in cui ci accorgiamo che definire “diversi” i nostri simili diventa solo esercizio di stile, espressione di uso comune a cui tutti siamo abituati, consuetudine.

Quei confini si annullano di fronte ad un quadro di Van Gogh, di fronte ai romanzi di Virginia Woolf, alle poesie di Baudelaire, e quello stato che in lingua corrente si chiama follia diventa estro, creatività, genio.

È quello stato che ti fa pronunciare una frase, in un luogo pubblico, di fronte a decine di persone, rivolta a uno dei leader politici più famosi del giorno d’oggi, quasi a voler dissentire con le tante belle parole che quotidianamente ci vengono propinate per avvalorare una tesi e nello stesso momento la tesi opposta.

Luogo comune ma quanto mai azzeccato, ognuno di noi, se solo non fosse stato pervaso da sovrastrutture e ruoli sociali, avrebbe voluto gridare, in una climaticamente strana domenica di ottobre in piazza Garibaldi durante una campagna elettorale: “il mondo sta andando a rotoli”!

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