GENERAZIONE “SENZA” SOTTO LA LUNA
Solo e con nostalgia ed amore, ho voluto aggirarmi, anonimo, una notte, per le strade del mio amato Paese. La luna mi era compagna. Ad una prima impressione superficiale, mi è apparsa una terra privilegiata nella quale non manca nulla, dove si offrono innumerevoli possibilità e si possono ammirare e far propri i frutti moderni e sorprendenti della tecnologia avanzata, come può constatare chiunque abbia i mezzi per comprare il meglio ed il di più. In questo Paese nel quale “c’è tutto”, però, ho visto una, purtroppo neanche piccola, “generazione senza” cui è negato lavoro, futuro, famiglia, figli, cultura, gioia.
La voce sommessa del Paese sembra parlare la lingua delle lamentazioni. Si lamentano coloro ai quali si dovrebbe dire “non avete ragioni e diritto di lamentarvi: avete tutto” e coloro – i più – che hanno tutte le buone e sacrosante ragioni per lamentarsi perché gli manca tutto, tranne la vita grama ed infelice. Ma, in questo nostro caro Paese delle geremiadi, abitano anche i discepoli di Cristo, i politici e gli amministratori, gli aspiranti a guidare ed orientare la cosa pubblica. Spero abbiano, essi, contezza delle differenti lamentazioni, spero abbiano maturato un programma che disponga di seri e consistenti mezzi e possibilità di porvi rimedio, che sposino la missione di offrire consolazione, giustizia sociale, che vogliano adottare la lingua della fraternità, delle difficoltà e tribolazioni condivise, solidali, corrette e che cercheranno di tacitarle con interventi positivi. Lungo le vie del Paese ho colto le lamentazioni, bisbigliate con dignità, di chi si rivolge verso un nulla disabitato che è solo la voce della disperazione. Non gli bastano ideali, non bastano progetti ma soluzioni. Qui ed ora. Una fessura, questa, da cui può straripare la speranza, può irrompere la lingua della fraternità che accoglie, che consola, che soccorre, che si lascia abitare dall’intervento motivato ed impreziosito dall’ascolto, dalla comprensione delle lamentazioni e che si china ad asciugare o – meglio – ad evitare, prevenire che sgorghino una lacrima, un lamento, un’imprecazione… la disperazione.
Lasciamoci abitare dalla compassione anzitutto per noi stessi, ognuno per la propria parte, responsabili dell’insorgere di tante lamentazioni giustificate dalla triste realtà. Compassione ci guidi per tutti i figli di questa Terra pur benedetta da un Dio dimenticato. Ma tanto vicino a chi soffre da tanto, troppo tempo. E Noci soffre… O mia diletta luna…/ siccome or fai, che tutta la rischiari… E pur mi giova/La ricordanza, e il noverar l'etate/Del mio dolore. Oh come grato occorre/Nel tempo giovanil, quando ancor lungo/La speme e breve ha la memoria il corso,/Il rimembrar delle passate cose,/Ancor che triste, e che l'affanno duri! (G. Leopardi)
Nicola Simonetti
Foto: Guglielmi