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25 luglio 1943


25 luglio 1943: i mattinieri che, quel giorno, si recavano al lavoro, quelli che sorbivano il primo caffè-cicoria del tempo di guerra, le persone che si recavano a partecipare alla prima messa, celebrata nella Chiesa Matrice, dall’arciprete Tateo, notarono, sulla parete del muro di destra (Palazzo Cassano) guardando la Chiesa, una scritta in nero “Viva il Re; viva Badoglio”. I pochi che avevano ascoltato la radio, nella notte, spiegarono “è caduto Mussolini”.  Il sagrestano Colino De Venere, che abitava in un appartamento sopra l’attuale caffè, completamente ignaro, si recava ad aprire la Chiesa e suonare la solita campana, incrociò un conoscente che si affrettò a strappargli, dal bavero della giacca, il distintivo del PNF.

Dopo qualche ora, il segretario politico fascista, prof. Giovanni Bruno, iniziò il giro delle maggiori strade del Paese, con un manganello tenuto, in orizzontale tra le mani, e con la protezione di 4 Carabinieri che gli facevano quadrato. Nessun incidente ma silenzio, tanto silenzio. La vita continuava con la speranza rinfocolata della fine rapida della malaugurata guerra.

Un episodio aveva caratterizzato la notte; donna Gigetta (sorella dell’insegnate donna Maria Maggipinto) che viveva in una graziosa villetta posizionata poco in là dell’inizio della via per Putignano, aveva ascoltato il comunicato speciale notturno della radio (Eiar) e, rallegrata, da sola, si recò a casa del dott. Pinto (abitava nel Palazzo Gioia in via Roma, accanto alla Taverna Intini) per comunicare la notizia della fine di quel periodo che Croce chiamò “quel male che gravava sul centro dell’anima”.

Nel pomeriggio, un gruppo di adolescenti, issando un tricolore rimediato artigianalmente, improvvisarono un minuscolo, pacifico pur se entusiasta, corteo e chi scrive, salito su una panchina esistente lateralmente al portone di ingresso a casa Gabrieli (l’attuale Dimora), parlò brevemente inneggiando alla libertà recuperata con l’augurio che la guerra potesse finire al più presto e nel migliore dei modi per l’Umanità.

Orsono 50 anni. NOCI gazzettino lo ricorda, partecipe e si inchina avanti a quanti, comunque, hanno sofferto, subito, si sono immolati, in onestà di intenti, per il bene comune. La ricorrenza sia opportunità di apprezzamento di concetto e pratica della Libertà, della Democrazia, della convivenza civile, partecipata, coadiuvante, dell’apertura rispettosa verso gli altri, chiunque essi siano.

 

Nicola Simonetti

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