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Alto volume, il nuovo libro di Francesco Giorgino


Politica, comunicazione e marketing sono i temi affrontati dal giornalista del TG1 Francesco Giorgino nella sua ultima fatica letteraria dal titolo "Alto volume", libro con prefazione di Giovanni Orsina. Così lo stesso Giorgino si è espresso sul suo libro.

Perché il titolo “Alto volume”?

Credo sia il modo migliore per descrivere il tempo che stiamo vivendo. La società si muove ad una velocità impressionante. Prevale il turbo pensiero e l’approccio euristico ed emozionale, volendo usare la felice classificazione fatta da Kahneman già alcuni anni fa. Domina il paradigma della connessione continua, ma non necessariamente della condivisione. L’individuo vale più della persona. Il narcisismo è tra le tendenze più diffuse. Il presente deborda rispetto al passato e al futuro, come sottolineato con efficacia da Bauman e Beck. Assistiamo, soprattutto, ad una fase di profonda trasformazione della politica in comunicazione. L’espressione “Alto volume” si riferisce, proprio all’intonazione complessiva e alla iper-comunicazione come uno dei tratti identificativi della società tardo moderna

Nel primo capitolo del libro vengono affrontati, tra gli altri, i temi della prima e della seconda modernità, dei “populismi” e del cambiamento come frame.

Per comprendere il populismo dobbiamo ricordare il significato della parola “democrazia”. Non dimentichiamoci che essa è anzitutto potere “del” popolo, “dal” popolo, “per” il popolo. Esiste un vincolo indissolubile a livello semantico tra la democrazia come opzione grazie alla quale esercitare il potere decisionale e il popolo. Con questa simbiosi ci si riferisce al processo di legittimazione ad agire, lo stesso che considera i cittadini aventi diritto al voto come elettorato attivo e gli eletti come invece elettorato passivo, ma anche alla consapevolezza che gli unici interessi che vanno salvaguardati sono quelli della collettività. È importante ricordare ciò per evitare che si indugi in una connotazione esclusivamente negativa della parola “populismo”. Quanto al “cambiamento”, mi preme collocarlo tra i frames del nostro tempo ed invito i lettori a non confonderlo con il “superamento”. I due piani vanno analizzati in modo distinto: si può cambiare senza necessariamente demolire

Nel libro vengono accostate teorie di politica e di marketing, due parole che onestamente si fa fatica a considerare come compatibili tra loro.

È vero. Il marketing è la disciplina che studia le modalità attraverso le quali far incontrare domanda e offerta all’interno del mercato, mentre la politica e scienza ed arte della decisione e della scelta, azione programmatica sulla base dell’esercizio del diritto di voto. Ma mi chiedo: oggi la politica non è anche un grande mercato? L’investitura che, in termini di fiducia, il politico riceve al momento dell’elezione certo non esaurisce la portata complessiva della strategia messa in campo. Al contrario, la canalizza in direzione di altri binari. Lo stretching della campagna elettorale è una delle prove di questa situazione che invoca, proprio perché orientata al mercato e cioè alla conquista e al consolidamento nel tempo del consenso, l’adozione di tecniche di content marketing e di politelling. Del resto, sono i micro racconti ad aver preso il posto delle macro narrazioni del XX secolo, come evidenziato da Llyotard nella sua teoria sulla postmodernità.

La disponibilità a considerare l’intreccio tra informazione, comunicazione e marketing come elemento caratterizzante il presente e il futuro della sfera pubblica mediata filtra attraverso la consapevolezza della convivenza di dinamiche relazionali tardo moderne ed elementi connotativi dell’infrastruttura tecnologica che sorregge questo nuovo impianto teorico e operazionale.

 

Estratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno"

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