Don Nicola D’Onghia presenta “Siamo relazione. Neuroscienze e teologia…”
Don Nicola D’Onghia, sacerdote nocese, Direttore dell'Istituto di Scienze Religiose della Metropolita di Bari, pubblica il suo quarto libro dal titolo “Siamo relazione. Neuroscienze e teologia: un incontro possibile”. Don Nicola ci presenta il suo ultimo volume mettendo appunto in relazione gli uomini e Dio attraverso la scienza e la teologia.
Una breve presentazione del libro…..
L’avvento delle neuroscienze rappresenta per i nostri tempi una novità e, al tempo stesso, un interrogarsi continuo sull’identità dell’uomo. Le scienze biologiche ci descrivono come si nasce, come funzioniamo, come siamo fatti, ma l’essere umano, dal di dentro del suo vissuto, si pone la domanda fondamentale sul senso del suo essere e del suo agire. Le neuroscienze, nella versione riduzionista, tentano di racchiudere la comprensione dell’uomo nella sola dimensione cerebrale, rafforzando l’idea che le scienze e la teologia siano distanti tra loro e antagoniste. In realtà, diversi studi mostrano come l’attività della mente e delle altre facoltà, come la coscienza, si formano attraverso la corporeità (embodied cognition) e la dimensione intersoggettiva. Non esiste una mente isolata, slegata dal corpo e dall’ambiente. Le scienze, così, ritrovano l’unità tra la mente e il corpo. Questi esiti scientifici possono costituire elementi di incontro tra le neuroscienze e la teologia. La stessa teologia offre la possibilità di narrare il mistero dell’uomo in modo più profondo e con particolare attenzione ai processi delle scienze.
Qual è la riposta della relazione tra Dio e l’uomo?
Nell’incarnazione Dio mostra la sua volontà di desiderare l’amore della sua creatura fino a condividerne la corporeità, perché l’uomo potesse amare ascoltando, toccando e vedendo il Verbo della vita. L’incarnazione del Figlio di Dio, pertanto, esprime la grandezza e la promessa racchiusa nella corporeità dell’uomo. La resurrezione del Verbo incarnato ha definitivamente unito a Dio la corporeità dell’uomo. Nella relazione con Dio l’uomo scopre la sua identità relazionale e unitaria. Il corpo, così, non è più la realtà negativa di alcune forme di spiritualismo o dei pensieri dualistici.
In questo periodo di pandemia cosa è cambiato nella relazione tra gli uomini?
Questo tempo della pandemia ha messo in risalto come noi esseri umani siamo legati gli uni agli altri. La paura del contagio, l’isolamento forzato, il non potersi abbracciare hanno mostrato tutta la nostra fragilità, che ci appartiene, e se l’essere umano non fosse stato un essere sociale, capace di stabilire rapporti con gli altri, di solidarietà e di aiuto vicendevole, gli uomini, nel lungo corso della storia non sarebbero sopravvissuti. E in questa situazione in molti si è fatta strada la domanda del senso di questa esperienza che, ancora una volta, ha riportato gli uomini a scoprirsi vulnerabili. La fragilità ci appartiene, ma l’uomo, sovente, si illude e diventa preda del delirio di onnipotenza. La paura, forse più grande, in questo tempo, è quella di scoprirsi nuovamente fragili, incapaci di controllare e dominare tutto. Si aggiunge la paura di prendere coscienza delle nostre scelte, che non sempre sono responsabili e rispettose dell’ordine del creato, ma guidate dalla volontà di dominio, di potenza e di sfruttamento di tutto ciò che esiste. Penso che questa esperienza dolorosa ci stia, nuovamente, ricordando che la fragilità va accolta e amata, nel sentire comune e nell’individuare obiettivi più grandi, che puntino al bene comune. Dio stesso, come dicevo prima, condivide la nostra fragilità per aprirla all’esperienza del suo Amore. Egli attraversa la nostra sofferenza e la apre alla forza del suo Amore che vince la morte. Credere in Dio, pertanto, non significa essere esonerati dalla fragilità e dalla prova, ma amarle dal di dentro perché Dio stesso le abita nel suo Figlio morto e Risorto.